Italia: previsti 10 mld di investimenti sull’idrogeno.

17 / 11 / 2020 • Novità dal settore

I principali obiettivi della «National hydrogen strategy preliminary guidance» sono delineati: una penetrazione dell’idrogeno sui consumi nazionali di energia del 2% al 2030, con prospettiva 20% al 2050; 5 Gigawatt di elettrolizzatori installati sempre al 2030; investimenti per 10 miliardi di euro suddivisi fifty-fifty con il settore privato; un impatto sull’occupazione di 200mila addetti diretti e indiretti e sul Pil di 27 miliardi addizionali. Più tutti gli effetti sulla filiera e su aree dismesse o in riconversione.

A luglio Bruxelles ha reso nota la strategia europea, seguita velocemente da quelle nazionali di Francia, Germania, Spagna, Portogallo e Olanda. Dopo le intese sulle batterie ricaricabili, proprio sull’idrogeno Parigi e Berlino hanno rinsaldato il loro asse energetico. L’Italia, sostengono al Mise, non può più rimanere indietro.

«Abbattere l’inquinamento è una priorità della nostra agenda politica – dice il viceministro allo sviluppo economico Stefano Buffagni - L’idrogeno, oltre alla sua importanza dal punto di vista economico, è un pilastro delle future strategie ambientali ed energetiche globali e rappresenta il futuro green che vogliamo lasciare ai nostri figli».

Preferenza e incentivazione a quello «verde» (prodotto con energie rinnovabili e l’idrolisi dell’acqua) ma anche nessun divieto a chi volesse produrre quello «blu» (che usa il metano e poi lo decarbonizza con la «cattura e stoccaggio» della CO2)

In quali settori l’idrogeno nazionale potrebbe dire la sua e cambiare le prospettive industriali?
In generale in quelli dove è più complicato servirsi semplicemente di energia elettrica. I tecnici del Mise nella prima fase al 2030 ne hanno finora focalizzati quattro:
1) I treni che potrebbero abbandonare l’alimentazione diesel.
2) I camion: su cui si stima che almeno il 2% del parco circolante al 2030 potrà essere alimentato a idrogeno. L’intervento su questi ultimi, inoltre, potrà innescare la diffusione delle stazioni di rifornimento, utilizzabili in seguito anche da altre utenze.
3) Il settore chimico e le raffinerie, che dovrebbero progressivamente riconvertirsi all’idrogeno «verde».
4) Il cosiddetto «blending»: la miscelazione con il gas naturale trasportato nei gasdotti esistenti, prevista fino a 2% in volume.

Al 2030, quindi, il consumo di idrogeno è previsto salire da 500 mila a 700 mila tonnellate l’anno con un potenziale margine di crescita se ci fossero sviluppi tecnologici confortanti, che potrebbero in futuro coinvolgere acciaierie, cementifici, cartiere, aviazione e trasporto marittimo.

Ecco perché serviranno 5 Gigawatt di elettrolizzatori, una stima in linea con gli altri Paesi europei: la Germania ne ha previsti 5, la Francia 7, la Spagna 4. Si pensa, tra le altre cose, a vere e proprie «hydrogen valleys»: impianti da localizzare in prossimità delle maggiori produzioni di elettricità solare ed eolica, proprio per poter sfruttare l’«overgeneration», ovvero tutta quella energia inutilizzata nelle giornate molto assolate o ventilate, oppure a elettrolizzatori collocati direttamente in prossimità dei punti di consumo dell’idrogeno.

Su scala Ue gli investimenti in idrogeno rinnovabile potrebbero valere tra 180 e 470 miliardi entro il 2050. Una partita nella quale l’Italia dovrà giocarsi le sue carte. «Grazie a queste linee guida — conclude Buffagni — l’Italia non solo accorcia le distanze rispetto agli altri Paesi europei ma si ritaglia un ruolo centrale. Possiamo sfruttare la nostra posizione geografica, il nostro solido know how progettuale e scientifico e la nostra rete infrastrutturale».

Tratto da www.corriere.it